Figlio, al pizzaiolo che per di più appena prima aveva chiesto se la sciarpa di Grifondoro era della Roma: “La tua pizza è molto buona”.
Figlio, a panettiera che per di più appena prima lo aveva chiamato Gianni: “Grazie del pane che hai fatto”.
Si fanno molti errori e spesso si passa nei figli una discreta quantità di disastri, propri, non risolti. Spesso invece si vede in loro qualcosa che noi vorremmo praticare, o cerchiano di praticare, o già, di tanto in tanto, pratichiamo.
Per chi non sopporta più (segnale di vecchiaia?) sarcasmo, stronzeria gratuita, malpensantismo, sopraffazione mentale o fisica (ancora più i propri quando inevitabilmente accadono), ogni scintilla di cortesia è glucosio spirituale.
Vederla in atto in un figlio è orgoglio e indizio che anche qualcosa di buono, forse, si sta facendo.
La fine della storia, caro figlio, spiace ma te lo devo dire, è però che sia io che tu finiremo per sposare una donna gentile. Che dopo qualche tempo andrà a Tenerife a fare surf con un pezzo di m.
P.S. Sì, avremo molto materiale per scrivere belle canzoni. Ma magari di tanto in tanto gioverà essere anche un poco poco strunz.
O almeno imparare a surfare.